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lunedì 16 luglio 2012

Philogelos

Chi conosce i propri limiti sa anche che essi esistono. Se dotato di buona volontà, può cercare di superarli.
Non mi ritengo una persona estremamente “brillante”: sono più portato per l'introspezione e le profonde meditazioni che per il riso. Mio nonno, scrittore in lingua napoletana per diletto, godeva di una pregevolissima vena comica infinitamente più forte della mia, eppure era proprio di quella vena comica che ad un certo punto della stesura del romanzo ho sentito l'impellente bisogno.
Perché?, si chiederà qualcuno. Si può trovare un momento di ilarità in una storia cruda e violenta come quella di un assedio?
Negare che lo spirito napoletano potrebbe trovare buono qualunque momento per ridere è semplicemente velleitario: potete affermarlo, salvo essere poi smentiti dalla realtà dei fatti.
Dunque avevo un problema: desideravo infondere spirito in una storia che volevo raccontare, ma di quello stesso spirito ne ero privo io stesso. Come rimediare?
Fortunatamente, lo spirito non è qualcosa che abbiamo inventato oggi o ieri: gli uomini ridono da sempre, alcuni pensano addirittura che sia proprio l'ilarità, non la parola, non la statura eretta, non l'essere sociale, non l'abilità nello svolgere qualche compito particolare, il tratto distintivo dell'intelligenza umana. Era dunque pensabile che non esistesse una raccolta di barzellette nei tempi antichi?
Avevo un ottimo motivo per pormi una domanda così astrusa: il senso dell'umorismo ha moltissimo a che vedere con la lingua nella quale esso viene espresso e con i riferimenti culturali che esso esprime (alcuni possono trovare assolutamente non esilarante ciò che farebbe sbellicare altre persone di un'altra cultura). Non per niente ancora oggi, in un mondo totalmente omogeneizzato, parliamo di “humor inglese”, di battute volgari, e così via.
Oggi abbiamo questo strumento formidabile che è Internet per svolgere ricerche impensabili anche solo vent'anni fa nelle migliori biblioteche del mondo. La mia ricerca mi ha portato ad un testo perticolare, il Philogelos.
Si tratta della più antica collezione di barzellette, aneddoti comici e giochi di parole conosciuta, e raccoglie frammenti che coprono un ampio arco di tempo. Sebbene nel suo complesso l'opera venga attribuita al V-VI sec. d.C., molti dei frammenti in essa riportati sono di epoche assai anteriori, e per i temi trattati possiamo certamente immaginare che alcuni tra essi siano ascrivibili all'epoca dei fatti narrati nel mio romanzo.
Voglio qui riportare i link alle due versioni che ho consultato (sebbene in forma diversa) del testo. La prima è il testo originale in greco che naturalmente, data la mia scarsa conoscenza della lingua, posso consultare solo come riferimento. La seconda è una traduzione in inglese, lingua con la quale mi trovo molto più a mio agio.
Spero sinceramente che la lettura del testo sia di vostro gradimento, io l'ho trovata ad un tempo istruttiva e, naturalmente, a tratti esilarante (ehi, ma non era proprio come doveva essere?)

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