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Nota per gli studenti d'ogni ordine e grado

lunedì 31 dicembre 2012

Una Ricostruzione: Antefatto

Con la fine di questo 2012 giungo alla serie di post più attesi (spero): la ricostruzione degli eventi storici raccontati in Neapolis - Il Richiamo della Sirena.
Sarà una serie di post di critica ed analisi delle fonti storiche che ho già presentato in precedenza, dimodoché qui indicherò dei rimandi, limitando al massimo le citazioni esplicite. Ciò è motivato soprattutto dalla lunghezza che ciascun post può avere senza tediare il lettore, l'esigenza è quella di presentare una materia articolata e complessa in uno spazio abbastanza ridotto.
Mi farebbe dunque immensamente piacere che voi lettori commentaste apertamente se il formato che ho scelto è di vostro gradimento: i suggerimenti non potranno che migliorare il blog.
Ma passiamo immediatamente alla storia e ad inquadrare il momento dell'assedio romano a Neapolis.
Nel 328 a.C. Neapolis era la città più importante del Sinus Cumanus (quello che oggi è chiamato Golfo di Napoli prendeva il suo nome latino dalla prima polis fondata nella zona), altrimenti detto Krater in greco (dalla forma di coppa).
Mappa del Sinus Cumanus con le principali città dell'epoca pubblicata nell'Allgemeiner historischer Handatlas di G. Droysens nel 1886

Mappa del Sinus Cumanus pubblicata nell'Allgemeiner historischer Handatlas di G. Droysens nel 1886.

mercoledì 26 dicembre 2012

Il Grande Bluff (2/2)

Con quello di oggi chiudiamo la serie di post bibliografici. Sono stati numerosi, è vero, ma le fonti storiche sono le uniche che possono permetterci di avere un'idea di quanto accadde durante l'assedio del 326 a.C.
Senza indugio, riportiamo dunque quanto scritto da Livio nel suo Ab Urbe Condita, VIII, 26:
Nel contempo Ninfio, per parte sua, aveva raggirato il comandante del presidio sannita, portandolo a concedergli, poiché l'intero esercito romano si trovava o intorno a Paleopoli o nel Sannio, di arrivare per via di mare in territorio romano e di devastare non solo la costa ma anche i dintorni stessi di Roma.
La Campania Felix ai tempi del romanzo

A beneficio del lettore, ri-pubblico questa cartina della Campania Felix, ospitata su Wikipedia: dovrebbe risultare evidente che partire nottetempo da Neapolis per andare a devastare i dintorni stessi di Roma è un'esagerazione di Livio.

domenica 23 dicembre 2012

Il Grande Bluff (1/2)

Ed è giunto finalmente il momento di sciogliere il riserbo sul grande tema storico contenuto nel mio romanzo, ovvero come si concluse l'assedio romano a Neapolis nel 326 a.C.
In questo e nel prossimo post riporterò i due passi di Tito Livio che danno una versione dei fatti abbastanza vicina alla realtà, sebbene non del tutto convincente. Mi riserbo di illustrare in post futuri quali sono le conclusioni alle quali sono giunto sulla base delle fonti consultate.
Cominciamo dunque da Ab Urbe Condita, VIII, 25:
Lo stesso anno venne celebrato a Roma un lettisternio - il quinto dalla fondazione della città -, per propiziare il favore degli stessi dèi invocati nelle precedenti occasioni. Poi i nuovi consoli (Gaio Petelio e Lucio Papirio Mugillano, n.d.r.), su ordine del popolo, inviarono i feziali a dichiarare guerra ai Sanniti; questi ultimi non solo stavano compiendo i preparativi per il conflitto con un impegno ben più massiccio di quanto non ne avessero profuso nella campagna contro i Greci, ma ricevettero anche nuovi rinforzi da una parte alla quale in quel momento i Romani non avevano affatto pensato.

mercoledì 19 dicembre 2012

Demetra - Dea Madre

Nonostante la comune credenza che la società greca fosse estremamente maschilista, una delle sue divinità principali era Demetra. Chiamata Cerere dai Romani, Demetra non era solo la dea delle messi, ma da questa sua funzione nasce tutta una serie di attributi che la resero di fondamentale importanza per il calendario sacro e per la vita quotidiana dei Greci.
Statua di Demetra

Accanto, statua di Demetra. La cornucopia fa parte della sua iconografia di dispensatrice dei frutti della terra.

sabato 15 dicembre 2012

Un Anno d'Assedio

L'assedio di Neapolis durò più di un anno.
Fu certamente il primo assedio dei Romani a durare tanto tempo, e le ragioni possono essere innumerevoli, non ultima l'importanza strategica che il Senato dell'Urbe aveva dato alla polis greca nei propri disegni di espansione.
Ma stare qui a ragionare su tali questioni senza una conoscenza della contingenza è esercizio sterile. Se davvero vogliamo avere un'idea di quali potessero essere le ragioni romane e le difficoltà affrontate pur di raggiungere l'obiettivo prefisso, dobbiamo ascoltare una fonte dell'epoca.
La fonte in questione è, ancora una volta, Tito Livio, VIII, 23. È un passo estremamente interessante, perché traccia come pochi la complessità della situazione politica dell'epoca. Dunque, vediamo:
Entrambi i consoli informarono il senato che c'era scarsa speranza di pace con i Sanniti: Publilio informò che duemila soldati da Nola e quattromila Sanniti erano stati ricevuti a Palaepolis, —più per l'insistenza dei Nolani che per volontà dei Greci; Cornelio (informò) che i magistrati Sanniti avevano indetto una leva, e che tutto il Samnium era in tumulto, mentre le città confinanti di Privernum, Fundi, e Formiae erano apertamente invitate ad unirsi (alla leva).

sabato 1 dicembre 2012

Un Avversario Capace

Il cursus honorum

Schema del cursus honorum di un cittadino romano. Fonte: http://hrsbstaff.ednet.ns.ca (in inglese).

L'assedio a Neapolis tra il 328 ed il 326 a.C. fu condotto da un personaggio molto particolare. Quintus Publilius Philo ricevette dal senato romano l'incarico di assediare Neapolis (secondo la versione liviana Palaepolis, ma di ciò abbiamo già discusso in quest'altro post) dopo che tutte le vie diplomatiche si erano rivelate inefficaci.
In questo post cercherò di presentare questo personaggio che, al contrario di come viene presentato da Livio, non doveva essere assolutamente malvagio. Lo faremo presentandolo dal momento in cui divenne console, la carica più alta del normale cursus honorum per un cittadino romano. Cominciamo dunque dal primo resoconto che ce ne fa lo stesso Livio in Ab Urbe Condita VIII 12:

mercoledì 28 novembre 2012

Ricca ed Imbelle

Il mio romanzo ha anche, dichiaratamente, uno scopo sociale. L'auspicio è che i miei conterranei, specchiandosi nei personaggi e nei popoli che incontreranno in Neapolis - Il Richiamo della Sirena possano darsi una scossa, perché ritengo incredibile che, a distanza di duemilatrecento anni, determinati comportamenti possano essere perfettamente riconoscibili.
Mi riferisco soprattutto a come ho dipinto i Campani, gli abitanti di quella Campania Felix così coccolati dalla natura dei luoghi da essere incapaci di affrontare qualunque avversità senza piegarsi ad un nuovo padrone, ad un nuovo dominatore.
Mappa dell'antica Campania Felix

Il territorio della Campania Felix al tempo dell'antica Roma. Fonte: Wikipedia.

sabato 24 novembre 2012

Un'Altra Versione della Storia

Sarebbe stato estrememente imprudente, da parte mia, gettarmi nella scrittura di un'opera prima come Neapolis - Il Richiamo della Sirena senza l'adeguato conforto di diverse fonti bibliografiche. Come ho già avuto modo di osservare, è stato infatti dal confronto tra queste che ho tratto gli spunti per tessere la mia romanzata versione dei fatti.
Nondimeno, fino ad ora non ho citato tutte le fonti relative al bellum neapolitanum, lasciando per questi ultimi post alcune tra le più importanti.
Eh già, “ultimi post”: sto giungendo al termine degli argomenti che potrò trattare senza scadere nel vuoto dei contenuti, e sono certo che ciò non lo desidera nessuno.
Ma per ora quel giorno è ancora di là da venire, ho superato i quattrocento lettori, ho ancora alcuni argomenti tra i più importanti da toccare, e quindi senza indugio procedo ad illustrarvi la testimonianza sul bellum neapolitanum di un altro grande della storia antica: Dionigi d'Alicarnasso, in Antichità Romane XV 5-6:

sabato 17 novembre 2012

Eclissi di Luna

La mia professione è il fisico ricercatore. Ho studiato astrofisica, e l'astronomia è stata la mia prima passione “adulta” fin dall'età di 10 anni.
Scrivendo Neapolis - Il richiamo della sirena, e ben sapendo che ogni anno sono possibili diverse eclissi lunari (per tacere di qualche eclisse solare), mi sono chiesto se dalla Neapolis posta sotto assedio fosse stato possibile assistere ad un simile fenomeno.
Nel post precedente ho accennato al rapporto tra i Romani e l'interpretazione dei segni, con particolare riferimento alle incombenze dei Consoli. Ebbene, mi sono chiesto come un Console avrebbe mai potuto interpretare un segno della portata di un eclissi di Luna. Chi avesse la curiosità di trovare questa risposta, potrà soddisfarla tra le pagine del mio romanzo. Qui mi limiterò ad illustrare che un simile evento accadde davvero.
Internet è uno strumento poderoso per certe ricerche: basta digitare in Google
list lunar eclipse
per farsi dirigere a Wikipedia. Lo so, spesso Wikipedia si rivela una fonte inattendibile, ma noi stiamo cercando una lista di fatti che, presumibilmente, qualcuno ha copiato da un'altra fonte, quindi possiamo essere relativamente certi dell'affidabilità dell'enciclopedia on-line.

lunedì 12 novembre 2012

Console e Augure

Molte sono le caratteristiche che contraddistinguevano i Consoli Romani. A scuola ci viene insegnato fin dalle elementari perché nacque questa figura di potere: dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, si volle limitare il potere del Rex affibbiandogli un collega di pari potere e con diritto di veto. Da allora, la politica italiana non ha più avuto una direzione precisa!
Ma vi sono prerogative e funzioni del Console che spesso non vengono evidenziate con la stessa profondità, come ad esempio quelle religiose.
Gli antichi Romani sono passati alla storia per molte buone ragioni, ma anche per essere terribilmente superstiziosi. Prima di intraprendere qualunque azione si affidavano volentieri a indovini, maghi, aruspici, seguendo una tendenza che fece prima la fortuna degli Etruschi, poi dei Greci, ed infine degli Egiziani.
Ma quando si andava in battaglia, non potendo togliere dalla testa dei soldati tante corbellerie, bisognava assecondare questa loro inclinazione in modo che permettesse loro di combattere con il coraggio e la determinazione che ci si aspetta dagli antichi dominatori del mondo.
Il Console, durante una campagna di guerra, fungeva anche da aruspice. Se volete, faceva anche da sacerdote militare, ma pensate a quanto sarebbe terribile se un generale di corpo d'armata fosse anche il prete dell'esercito! Certo lo stesso accadeva ancora con il Papa Giulio II, che ricordiamo ne “Il Tormento e L'Estasi”, il kolossal biografico su Michelangelo, ma oggi è fortunatamente un'altra cosa!
Per capire dunque in cosa consistessero le incombenze religiose del Console, dobbiamo capire che gli antichi Romani erano molto religiosi, al punto che vita religiosa e vita pubblica erano quasi indissolubilmente vincolate. I Consoli erano infatti incaricati sia dei doveri religiosi che di quelli militari, e la lettura degli auspici era un passo essenziale prima di condurre l'esercito in battaglia.

giovedì 8 novembre 2012

Una Città, Due Corpi

Ricostruzione dell'antica Neapolis
L'immagine qui sopra si può vedere presso la fermata della metropolitana posta sotto il Museo Archeologico Nazionale e nel piacevole libricino di A. Wanderlingh “I giorni di Neapolis”. È una veduta a volo d'uccello di come poteva essere il panorama di Neapolis pressappoco ai tempi dei fatti narrati nel mio romanzo. Si riconosce la zona dell'antico porto rinvenuto grazie ai recenti scavi per la metropolitana e due nuclei urbani: il primo sulla destra ed arroccato sull'altura di Pizzofalcone; il secondo più lontano, sulla sinistra. Il Vesuvio fa da sfondo.

domenica 4 novembre 2012

Dichiarazioni di Guerra

Scrivere un romanzo che abbia una parvenza di storicità significa documentarsi, credo di aver abbondantemente dimostrato il concetto. In cambio, documentarsi porta a scoprire aspetti del passato che possono essere totalmente ignoti.
Siamo abituati dal cinema a credere che una dichiarazione di guerra tra due popoli al tempo dei romani fosse questione di uno scambio di battute a muso duro, di parole grosse, di toni alterati tra due personaggi importanti. Oppure possiamo credere che, se quella è finzione cinematografica, le cose andassero in realtà proprio come vanno oggi, con giustificazioni (false, purtroppo ci siamo abituati a scoprire) da un lato e dall'altro per motivare una guerra che in genere ha in realtà tutt'altre ragioni.
In questo post raccoglierò le fonti che illustrano quale fosse storicamente una tipica dichiarazione di guerra fatta da Roma, capiremo allora quanto sia davvero cambiata e quanto sia rimasta uguale a sé stessa la specie umana.
Sacerdote feziale di Roma

giovedì 1 novembre 2012

Trecento!

Alquanto inaspettatamente, ma non per questo con disappunto da parte mia, questo blog è stato visto da 300 visitatori negli ultimi quattro mesi!
Badate: 300 visitatori, non 300 visite: ciò vuol dire che trecento diverse persone sono passate per queste pagine ed hanno letto almeno un post. Magari sono tornate (e mi fa piacere), ma per me è più importante farvi sapere quanti sono passati, piuttosto che mettere un numero che dice poco sul reale interesse intorno a questo blog.
Se vi dicessi, ad esempio, che in questo momento ho ricevuto più di 800 visite, cosa pensereste? Per me non è un numero cha abbia molto senso, quindi…
Ma non volevo fare il tipico post auto-celebrativo del tipo “Grazie a tutti, sono arrivato a 300 lettori!”, volevo invece approfittare per dire qualcosa di più sostanzioso, approfittare di questo numero così speciale per un ultimo post sulla battaglia di Cheronea, nel corso della quale fu la sterminata Banda Sacra.

domenica 28 ottobre 2012

Nomi e Lingue

Al tempo dei fatti qui narrati, a Neapolis e dintorni si parlavano almeno tre lingue diverse: Greco, Osco/Sannita e Latino.
Il Greco non era quello di Omero né quello classico ma, come era tipico per il tempo, una sua variante locale molto accentata, con diverse differenze fonetiche rispetto al Greco parlato in altre polis e sul quale pesava fortemente l'influenza dell'Osco. Rimonta anzi proprio a questo periodo storico la nascita della koinè, la variante di greco che, distinguendosi dal greco classico ed appoggiandosi alla terribile spinta espansionista macedone, diverrà poi una sorta di lingua franca nel Mediterraneo che sopravviverà fino al IV sec. d.C. come seconda lingua dell’Impero Romano.
Il Latino non era certamente quello di Cicerone, giacché da pochissimo tempo i Romani avevano cominciato quell'espansione territoriale che li avrebbe poi condotti, grazie al contatto con altre culture spesso a loro superiori, a sviluppare il gusto per la bella forma oratoria e letteraria. In particolare, essendo stati limitati i contatti con la cultura greca, mancavano tra questa e quella lingua tante delle similitudini che solo l'influenza tra l'una e l'altra ha poi sviluppato storicamente.

mercoledì 24 ottobre 2012

In Collegamento…

Da qualche giorno avrete notato che nella colonna di destra, sotto il mio profilo autore, è comparso un riquadro contenente collegamenti ad alcune cose che ho scritto anni fa e che ho deciso di pubblicare su BraviAutori, il portale visual-letterario, che (cito)
offre la possibilità agli autori di inserire le proprie opere in qualsiasi formato (testi, immagini, audio e brevi video).[…]
Nel nostro forum organizziamo gare di scrittura creativa, dove i migliori elaborati saranno pubblicati nei nostri e-book liberamente scaricabili.
Le nostre attività prevedono, inoltre, concorsi letterari, gemellaggi e collaborazioni con altri siti letterari e associazioni, pubblicazioni periodiche su antologie cartacee o in ebook dei migliori lavori inseriti su BraviAutori.it, reading in diretta radiofonica e tanto, tanto altro.
Le opere inserite nel formato ODT (LibreOffice, OpenOffice), DOCX (Word), ePUB (Electronic Pubblication) e TXT saranno trasformate in pagine HTML e saranno udibili grazie a una voce automatica che leggerà il testo. Questa funzione è molto utile per i non vedenti.
Per tutti gli utenti (anche non iscritti) e per tutti gli autori che vogliono inserire una loro prima opera, il portale BraviAutori.it è totalmente gratuito!
Certo, sto cercando di farmi conoscere come autore e di calamitare interesse su questo blog, ovvero sul romanzo che ho scritto, ma mi sembra bello condividere con voi il rinvenimento di un luogo nella rete che, per contenuti ed atmosfera, trovo molto interessante. Non è il primo sito del genere che ho visitato, ma questo mi ha invogliato più di altri, quindi mi sono iscritto ben volentieri.
La consultazione delle opere lì pubblicate è libera (se l'autore non ha niente il contrario), quindi non è necessaria alcuna sottoscrizione per accedere ad attimi di fantasia, evasione, ristoro, poesia, grafica, fotografia di autori che si stanno mettendo in gioco ora.
Sperando di farvi cosa gradita,

Nymphios a Siracusa

In due post precedenti, ho riportato quanto due storici del calibro di Plutarco (Dione, 41-44) e Diodoro Siculo (Bibliotheca Historica, XVI 18-19) hanno tramandato a proposito di un personaggio, tale Nypsios, che critici moderni non sanno se identificare con lo stesso Nymphios che nel 326 a.C. era, secondo Tito Livio, princeps civitatis di Neapolis.
In questo post dettaglierò una mia personale critica alle versioni di questi storici che, prendendo spunto dalle incongruenze dei loro racconti, e poi da quelle tra le loro distinte versioni, mi ha condotto ad una ricostruzione dei fatti che è quella raccontata dallo stesso Nymphios nel mio romanzo. Per me è stato un po' come svelare un complotto, spero sarà altrettanto divertente per voi.
Innanzi tutto, vediamo che Dionigi invia, non chiama Nypsios a Syracusa. Al momento dei fatti egli era già stato cacciato dalla città e guidava la propria fazione da lontano, da Locri Epizefiri, come ci informa Diodoro. Lo storico siciliano esalta inoltre le capacità del Neapolitano, un eccellente generale.

sabato 20 ottobre 2012

Guerrieri e Amanti

Nella lettura del mio romanzo ci si imbatterà in un personaggio, Pelagíos, un guerriero Tebano reduce dalla battaglia di Cheronea (338 a.C.) e che aveva fatto parte del Battaglione Sacro.
Accanto alla tradizione che vuole i trecento uomini di questo speciale corpo d'élite totalmente sterminati nel corso della battaglia, un'altra sussiste che vuole la morte di 254 dei trecento, e la sopravvivenza di pochissimi.
Ma prima di procedere oltre col post, leggiamo cosa ci racconta Plutarco nella sua Vita di Pelopida, 18, di quest'eccezionale corpo d'armata.
Il Battaglione sacro, ci raccontano, fu formato per la prima volta da Gorgida, da trecento uomini scelti, ai quali la città (Tebe) offrì esercizio e mantenimento, e che si accamparono nella Rocca Cadmeia; per la qual ragione, inoltre, essi venivano chiamati il battaglione della città; perché le cittadelle in quei giorni erano propriamente chiamate città. Ma alcuni dicono che questo battaglione era composto da amanti e amati. E si cita una spiritosaggine di Pammenes, nella quale egli disse che il Nestore di Omero non fu un gran stratega quando incitò i Greci a formare compagnie per clan e tribù,
«Dimodoché il clan potesse dare assisternza al clan e la tribù alla tribù»
dal momento che avrebbe dovuto porre l'amante accanto all'amato. Perché gli uomini di una stessa tribù e di uno stesso clan tengono in poco conto i loro compagni in tempi di pericolo; al contrario, un battaglione che è tenuto insieme dall'amicizia tra amanti è indissolubile e non può essere disfatto, dal momento che gli amanti si vergognano di fare i codardi al cospetto dei loro amati, e gli amati al cospetto dei loro amanti, ed entrambi restano fermi nel pericolo per proteggersi l'un l'altro.

mercoledì 17 ottobre 2012

Ancora su Nypsio il Neapolitano

Plutarco non è l'unico storico a parlarci di Nypsio il Neapolitano. Diodoro Siculo è spesso citato al suo posto come la fonte principale di notizie su questo personaggio. Ma è dal confronto tra le diverse versioni storiche che si traggono spunti interessanti per riflettere su quale sia stato il reale svolgimento dei fatti durante la terribile guerra civile a Siracusa.
Già la versione data da Plutarco presenta, secondo il mio modesto parere, notevoli incongruenze, ma quando cerchiamo di mettere insieme quanto da lui raccontato con quanto leggeremo oggi, saremo forse pronti per porci domande e trovare risposte.
Vediamo dunque cosa racconta Diodoro Siculo, nella sua Bibliotheca Historica XVI, 18-19:

domenica 14 ottobre 2012

Bella da Perderci la Testa

Che senta forte il legame con la mia terra non è certo un mistero. Che ne sia orgoglioso nonostante essa sia sempre al centro di cronache poco edificanti può sembrare quanto meno bizzarro.
È una terra buona e bella, sulla quale è stata cresciuta nelle peggiori condizioni di allevamento la belva più feroce: l'uomo.
Non è assolutamente mia intenzione ammansire i miei conterranei: la loro energia, la loro vitalità, le loro risorse sono a mio parere male indirizzate dal sopruso e dall'arroganza di chi lascia loro un solo modo per vivere: il malvivere.
Non sto per cominciare l'ennesimo pistolotto assistenzialista, al contrario! La Campania non ha bisogno di assistenzialismo, magari di assistenza per rimettersi in piedi, ma non di assistenzialismo: essa ha tutto ciò che serve per rendere ricca e felice la propria gente, anzi ha fin troppo!
È sempre stato così. Certo, oggi i cumuli di immondizia (materiale e umana) deturpano il paesaggio all'occhio del visitatore e dello straniero, ma questa è una patina recente, assai dannosa forse, e che costerà anni e sforzo a togliere. Ma lo sforzo credo sembrerà più leggero, più accettabile se abbiamo sotto gli occhi non il territorio devastato di oggi, ma quello che la Natura ci ha affidato.
Cerchiamo di capire allora quanto questo territorio fosse incomparabilmente ricco nel suo stato naturale e facciamocelo raccontare dalla storia. Oggi riporterò un passo di Dionigi d'Alicarnasso, “Antichità Romane” XV, 3: era un territorio talmente bello da far perdere la testa.

mercoledì 10 ottobre 2012

Il Passato di Un Illustre Neapolitano

È giunto il momento di tornare a parlare di un personaggio chiave del mio romanzo: quel tale Nymphios che viene citato di sfuggita da Tito Livio a proposito dell'assedio di Neapolis come “princeps civitatis” in Ab Urbe Condita, VIII, 25.
Avremo modo di tornare sul passo citato. Oggi voglio invece presentare un passo di Plutarco nel quale fa la sua comparsa un tale Nypsios, neapolitano, esperto uomo d'armi. Penserete che un personaggio non abbia nulla a che vedere con l'altro, a parte un'evidente somiglianza del nome ed il fatto di essere entrambi neapolitani.
Per quanto suggestiva, anch'io non mi sarei spinto oltre il notare la somiglianza, senonché in The Cambridge Ancient History, Volume 6, ed. D.M. Lewis, John Boardman, Simon Hornblower, M. Ostwald si trova che
[…] forse gli Osci di Neapolis non erano così diversi nel 326/7, quando udiamo di un leader Neapolitano dal nome probabilmente Osco di Nymphius (cfr. Nypsius il generale Neapolitano di Dionysius II, Diod., XVI, 18.1). […]
Di nuovo, si trova in Ancient Italy; historical and geographical investigations in Central Italy, Magna Graecia, Sicily, and Sardinia, di E. Pais, che:
[…] È stata anche sollevata la questione se Nymphius, padre di Paquius, ed uno dei due generali Neapolitani dell'iscrizione, possa essere identificato con il famoso Neapolitano Nypsius, un generale di Dionysius II (vd. Diod. XVI 18-20). Sembra impossibile provare alcunché al riguardo, dal momento che il nome “Nypsius”, che parrebbe essere lo stesso del Nymphios che era pretore nel 326, appare in altre iscrizioni provenienti da Neapolis (e.g., Kaibel, No. 726) ed anche da Capua (CIL, X, 4251). Questo nome potrebbe essere stato abbastanza comune a Neapolis ed in Campania.
[…]

domenica 7 ottobre 2012

Gli Insegnamenti Di Una Donna

Il periodo storico nel quale si svolge il mio romanzo è probabilmente stato uno dei più fecondi per l'umanità nella creazione di menti pensanti, se si tengono in considerazione i dovuti distinguo e le difficoltà del tempo. La società ellenica, in particolare, stava esprimendo i frutti più avanzati del pensiero occidentale per i seguenti diciotto secoli: i filosofi.
Tra tutti, Socrate aveva segnato un punto di svolta così forte e profondo col passato, che molta didattica separa la filosofia greca in pre- e post-socratici, in maniera poco diversa da quanto si fa con le date a.C. e d.C.
Di Socrate, che non scrisse nulla di proprio pugno, sappiamo ciò che hanno raccontato i suoi allievi, Platone il primo d'essi.
I critici hanno questionato spesso la fedeltà di Platone agli insegnamenti del maestro: siamo sicuri che quanto l'allievo ha attribuito a Socrate non fosse in realtà farina del suo proprio sacco? A distanza di duemilaquattrocento anni ritengo la cosa irrilevante: è al contrario meraviglioso che all'epoca qualcuno potesse esprimere le idee che troviamo nel “Simposio”.
Ho letto il “Simposio” durante una vacanza estiva, probabilmente il modo migliore di leggere a proposito della migliore società di Atene e dei discorsi che si tenevano nelle sue serate mondane, con Alcibiade sbronzo che tentava di adescare Socrate (sic!), ma ciò che più mi ha colpito è stato il ruolo che Platone attribuisce a Diotima.
Questa donna, che viene presentata come una sacerdotessa di qualche tipo giacché, nelle parole di Platone, prima della peste, fece fare agli Ateniesi quei sacrifici che ritardarono di dieci anni l'epidemia, diventa colei che addirittura educa Socrate, il maestro di Platone, a proposito di Eros.

giovedì 4 ottobre 2012

Chiacchiere D'Altri Tempi

Questo post avrebbe voluto avere una doppia chiave di lettura, ma vi renderete presto conto che non potevo farlo: sarebbe diventata una sterile polemica sugli uomini politici di oggigiorno.
Inutile osservare che tutti i miei post, probabilmente, hanno una doppia chiave di lettura, però in questo caso essa è talmente palese che trovo davvero sconveniente aggiungere qualcosa di mio agli insegnamenti della Storia.
Ancora una volta, ci imbatteremo in Alessandro il Macedone, questa volta lo storico è Plutarco, nella sua Vita di Alessandro, XIV.

lunedì 1 ottobre 2012

Una Terra Poliglotta

La Campania è stata da sempre una terra d'incontro tra culture diverse, e nel IV sec. a.C. le cose non erano assolutamente differenti.
Gli Osci/Sanniti erano forse la popolazione più diffusa, ma accanto ad essi troviamo Greci (principalmente a Neapolis), i Romani che cominciavano ad affacciarsi sul territorio (di fatto, Acerra era stata annessa alle tribù Mescia e Scapzia, guarda caso proprio ad opera di quel Quinto Publilio che assume tenta importanza nella vicenda narrata, ma le stesse Cuma e Puteolis erano state da poco sottratte ai Sanniti, e la ricchissima Capua si era letteralmente donata all'Urbe), gli Etruschi, gli Aurunci, i Volsci…
Ciascuna di queste popolazioni parlava una propria lingua, usava una propria scrittura, alle volte prendeva in prestito l'alfabeto di altre. C'è da stupirsi se i napoletani gesticolano tanto? :)

sabato 29 settembre 2012

Degli Amori

Un'ultima, doverosa nota, riguarda il tema dell'amore. In questo racconto si intrecciano diverse storie viste e vissute naturalmente con l'occhio (ed il cuore) dell'autore, ma modulate dalle esigenze imposte dalla cornice storica.
Sono storie di un altro tempo, di una cultura e di una società assai distinta dalla nostra, che certamente urteranno la sensibilità di molti. Se da esse si vuole direttamente estrapolare il sentimento dell'autore, attribuirgli ad esempio un'etichetta maschilista, si commette un grosso errore e si usa una chiave di lettura quanto meno fuorviante.
[…]
I personaggi che conoscerete vivono il sentimento abbandonandosi ad esso, non cercando di guidarlo, di controllarlo, perché quando ci provano, falliscono miseramente. Come anche noi, la moderna ed avanzata civiltà occidentale, stiamo fallendo, cercando di mettere un cartellino col prezzo o attribuire un'utilità a ciò che non ne ha per sua stessa natura.
Anche di questo, se sono riuscito a riflettere sul tema in questo modo, devo ringraziare Napoli, la sua anima di madre accondiscendente per gli amori giovanili di un figlio, di amante appassionata e gelosa, di poetessa sublime e raffinata.

mercoledì 26 settembre 2012

Tito Livio racconta il principio del Bellum Neapolitanum

Come già anticipato altrove, la nostra principale fonte di informazioni sulla guerra tra Roma e Neapolis è uno scrittore “nemico”: Tito Livio. In questo post commenterò i passi nei quali l'autore romano narra come sia scoppiato il Bellum Neapolitanum.
Cominciamo dalla seconda parte di “Ab Urbe Condita”, VIII-22:
[…]
C'era una città chiamata Palaepolis, non lontana dal punto in cui è ora Neapolis, e le due città erano abitate da un solo popolo. La loro città-madre era Cuma, e i Cumani derivano la loro origine da Chalcis in Euboea.

giovedì 2 agosto 2012

Cicerone Racconta…

Quando si desidera che le affermazioni apparentemente più innocenti siano storicamente fondate, la ricerca storica può diventare assai laboriosa. Si consultano spesso testi che apparentemente non hanno nulla a che vedere con l'argomento che si desidera verificare, eppure proprio quei testi riportano en passant la testimonianza chiave.
È quanto mi è accaduto con uno dei personaggi apparentemente secondari del mio romanzo, tale Erennio Ponzio Telesino. Erennio era uno dei più noti e rispettati capi Sanniti dell'epoca, certamente un uomo del suo popolo molto diverso dallo stereotipo che la storia (scritta dai Romani vincitori) ci ha consegnato dei Sanniti.
I Sanniti: questa popolazione quasi primitiva, semi-barbara, che tante pene fece soffrire all'Urbe durante la sua espansione nell'Italia centrale. Ebbene, in maniera straordinariamente contrapposta a tale visione, il nostro Erennio poteva vantare almeno un paio di amicizie e frequentazioni di prim'ordine.
La prima è quella di Archita, il filosofo e stratega greco di Taranto che rese la propria città potentissima. La seconda, qualora il primo nome non avesse fatto sobbalzare qualcuno di voi, è nientemeno che Platone, per il quale non credo servano presentazioni.

domenica 22 luglio 2012

Il Volto di Parthenope

Parthenope non è la più nota delle Sirene.
Il mito che riguarda le Sirene dà loro nomi assai diversi a seconda dell'autore: lo Pseudo-Apollodoro cita Peisinoe, Aglaope e Thelxiepeia, altri nominano Terpsichore, Melpomene e Sterope o Chthon, Omero non dà alcun nome. Il loro stesso numero varia da due a cinque. Il mito che le vuole coi nomi di Leucosia, Ligeia e Parthenope (“virginale”) è dunque solo uno dei tanti ma, guarda caso, è proprio quello che ci interessa di più.
Nel romanzo sarà Parthenope stessa a raccontare la sua storia. Vale la pena però ricordare che, con le sorelle, essa venne mutata in donna-uccello (e non donna-pesce come vorrebbero le più tarde tradizioni medievali) dall'ira di Demetra, giacché era stata incapace di proteggere la figlia Persephone dalle voglie di Ade. Che poi Ade si comportò anche da gentiluomo: amava davvero Persephone, tant'è vero che la sposò e fece in modo che ella non potesse stare lontano da lui. Ad ogni autunno la fanciulla deve tornare dal marito, mentre la primavera e l'estate li trascorreva con la madre a curare le messi.
Ciò detto, la tentazione di parlare qui delle valenze ctonie del mito è molto forte, ma non è assolutamente questa la sede. Se lo desiderate, sarò felice di scrivere un post a parte, ora dobbiamo tornare alla nostra Parthenope.

venerdì 20 luglio 2012

Anabasis Alexandri

La Spedizione di Alessandro, dello storico greco Arriano, è il resoconto più antico che abbiamo al riguardo della spedizione che Alessandro Magno intraprese alla conquista dell'impero Persiano.
Scritto nel II secolo, esso è essenzialmente una cronaca, pertanto priva di ogni introspezione: è una raccolta di eventi condotta senza cercare di spiegar i motivi degli stessi, e come tale va tenuta sommamente in considerazione la sua oggettività.
Contemporaneamente ai fatti narrati nel mio romanzo, sulla sponda orientale del Mediterraneo un giovane condottiero educato da un filosofo (nientemeno che Aristotele) piegava, in battaglie che hanno fatto la storia, il più grande impero dell'epoca.
Uno dei personaggi principali del mio romanzo ha il suo passato legato al macedone, ed è pertanto ovvio che abbia dovuto documentarmi su cosa possa essergli storicamente accaduto per poi presentarlo dal suo proprio punto di vista.

giovedì 19 luglio 2012

Premessa

La vicenda narrata in questo libro si basa su di un evento storico: l'assedio di Neapolis da parte dei Romani nel 326 a.C. Nel ricostruire tale episodio, compito che già di per sé presenta notevoli difficoltà per un non specialista soprattutto a causa della scarsezza di fonti accessibili al grande pubblico, ho voluto fondere storia e mito. Le ragioni e le giustificazioni per una scelta del genere sono innumerevoli, alcune intime, voglio però citare almeno quelle che ritengo di un certo peso.
Innanzi tutto, pur stimando del tutto spropositato un accostamento tanto ardito, così come John Ronald Reuel Tolkien non riusciva a tollerare che la sua Inghilterra non avesse un proprio ciclo epico, fin da piccolo, ed assai prima di godere della lettura de “Il Signore degli Anelli”, neanche io riuscivo a digerire che la mia terra ne fosse priva. […] Naturalmente, questo mio pensiero giovanile era del tutto fuori luogo: la Campania è stata scenario di innumerevoli vicende durante l'intero arco della storia umana. Ma allora, come giustificare quella mia primitiva percezione, e cioè di una terra senza mito?

mercoledì 18 luglio 2012

Presentazione

Benvenuti!
In questo blog presento il romanzo storico che mi ha impegnato nel corso degli ultimi tre anni, dal 2009 ad oggi. La mia professione non è lo scrittore, quindi il libro non è nato da un'idea, da un progetto a tavolino, ma da un sentimento verso la città di Napoli alla quale mi sento profondamente legato. Qui desidero solo condividere l'esperienza che ho raccolto per giungere alla stesura finale dell'opera.
Potete vedere questo blog come un The making of

Benvenuti!

Questo blog accompagna il romanzo che ho scritto come fosse un quaderno di appunti. Il lavoro di documentazione che ho affrontato per venire a capo della storia che si svolge alle spalle della vicenda narrata non è stato sempre agevole.
Le fonti greche e latine davano spesso versioni discordanti, altre volte esse concordavano l'una con l'altra, ma non con la realtà dei luoghi e/o dei tempi.
Riuscire a tessere una storia che prendesse spunto da quelle fonti, dare loro una coerenza, restituire il tutto in un romanzo che soddisfacesse soprattutto il mio gusto, è stata un'esperienza formativa e gratificante.

martedì 17 luglio 2012

Orgoglio Partenopeo

Napoli non è un luogo di questa terra. Non tenterò neanche di definirla, di fare poesia, di dire quant'è bella e perché vi sono così visceralmente legato: fallirei miseramente di rendere i sentimenti. Mi limiterò a dire che mi sento orgoglioso di averla conosciuta e di aver imparato ad amarla.
Avendo dovuto abbandonarla per cercare lavoro, la distanza ha accresciuto l'affetto, come sovente accade, ma mi ha anche dato la possibilità di vedere questa città con occhi nuovi e diversi.
Che cosa ho visto? Che Napoli ha delle potenzialità mostruose, deve solo imparare a sfruttarle. Non è una cosa che deve scendere dall'alto, perché quando si accetta che qualcuno ci dia una mano, siamo automaticamente costretti a fare quella determinata cosa secondo il modo di vedere di chi ci ha aiutato.

lunedì 16 luglio 2012

Philogelos

Chi conosce i propri limiti sa anche che essi esistono. Se dotato di buona volontà, può cercare di superarli.
Non mi ritengo una persona estremamente “brillante”: sono più portato per l'introspezione e le profonde meditazioni che per il riso. Mio nonno, scrittore in lingua napoletana per diletto, godeva di una pregevolissima vena comica infinitamente più forte della mia, eppure era proprio di quella vena comica che ad un certo punto della stesura del romanzo ho sentito l'impellente bisogno.
Perché?, si chiederà qualcuno. Si può trovare un momento di ilarità in una storia cruda e violenta come quella di un assedio?
Negare che lo spirito napoletano potrebbe trovare buono qualunque momento per ridere è semplicemente velleitario: potete affermarlo, salvo essere poi smentiti dalla realtà dei fatti.
Dunque avevo un problema: desideravo infondere spirito in una storia che volevo raccontare, ma di quello stesso spirito ne ero privo io stesso. Come rimediare?

sabato 14 luglio 2012

Dedica

A Susy, la Tessitrice,
ad Arianna, la Tela.
Ché non v'è Tela senza Tessitrice,
né Tessitrice senza Tela.
Ché senza Tela né Tessitrice
non v'è né Storia né sua Autrice.
E, chi son io, senza una Storia?
Solo un viandante senza gloria!

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